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domenica 6 settembre 2015

"FAVATE", RISORSA SCONOSCIUTA!

A Casignana sono ancora fruibili le acque termali dei Romani. Ma nessuno lo sa!
Dal mensile IN ASPROMONTE di Agosto 2015
Nelle sue Memorie (1856), l’arciprete Vincenzo Tedesco scrive: “In distanza di qualche miglio da Casignana nella contrada Favate, in terreno calcare vi è una sorgente copiosa di acqua minerale, che a mia richiesta analizzata dai fratelli farmacisti D. Biagio e D. Giuseppe Ielasi [...]. Tale acqua sarebbe utile alla cura di varie malattie, e però si dovrebbe ben condizionare, per renderla idonea all’uso medico”.

A dire il vero contadini e pastori, in passato, si sono regolarmente serviti degli effetti benefici dei fanghi che, in modo naturale, hanno origine in questa località. E non è difficile immaginare che le acque termali siano state utilizzate soprattutto dai Romani, vista anche la breve distanza che intercorre tra l’area di Favate e la Villa romana di contrada Palazzi. Anzi, molti agricoltori raccontano di aver involontariamente distrutto, durante i lavori nei campi, dei tubuli di terracotta che erano orientati in direzione della Villa, verso il mare e lungo il pendio della collina. 
Negli anni ‘60 e ‘70, comunque, numerose famiglie costruivano delle “logge” di canne e felci per dimorare vicino alla fonte termale di Casignana e, per qualche giorno, curavano vari disturbi legati a problemi reumatici. Insomma, da sempre, i fanghi delle Favate sono salutari per il corpo.
Anche un medico di Caraffa del Bianco che risiede al Nord, ma ogni estate torna in Calabria, non ha dubbi riguardo le capacità terapeutiche della sorgente. Pertanto, con alcuni amici, condivide un itinerario fisso: di mattina si ritrovano tutti a Capo Bruzzano, davanti alla scogliera, in una spiaggia che può competere per bellezza con qualunque posto del Mediterraneo. Pomeriggio, invece, trascorrono alcune ore presso le acque termali di Casignana. Costo della vacanza: completamente gratis. 
Pure io, a luglio 2014, mi sono recato alle Favate in compagnia di questo medico che, dopo essersi spalmato il corpo di materia argillosa (aspettando che si consolidasse prima di iniziare la sua azione antinfiammatoria) ironicamente mi raccomandava: «Non scrivere mai di questo luogo, non pubblicizzarlo mai, non sarebbe bello attendere in fila per fare i fanghi. Godiamoci questo paradiso da soli».
Era un modo stravagante per dire che posti unici, che altri popoli avrebbero utilizzato bene, qui, nel migliore dei casi, vengono abbandonati. Perfino in un momento in cui accrescono le inefficienze del sistema statale e ovunque si spinge per l’intervento dei privati, in questo sito (che dista qualche chilometro dalla Villa romana e qualche centinaio di metri dall’Albergo diffuso del Borgo antico di Casignana) non c’è un progetto, non ci sono società, cooperative o imprenditori interessati a realizzare una struttura moderna e confortevole. Ecco perché le acque termali, come altre aree, rivelano le opportunità di un turismo che non c’è.
La colpa? Di tutti. Chiaramente il ruolo dei privati andrebbe costruito partendo da una buona politica, ma quasi nessuno riesce più a protestare, ideare o immaginare qualcosa. Nei posti dove la storia non esiste hanno inventato i theme park, ovvero vengono creati dal nulla un monumento, un villaggio, un percorso o un affascinante scenario antico. Noi siamo impegnati nel lavoro opposto, cioè a distruggere o rovinare, dimenticando non solo il passato ma anche il futuro.
Tuttavia, nelle vicinanze delle acque di Favate, che probabilmente appartengono alla stessa faglia che caratterizza le terme di Antonimina, c’è una realtà sorprendente. 
Ma non abbiamo più occhi per le colline di argilla bianca dove si produce il vino greco, per il mare che un Hemingway o un Conrad avrebbero narrato traendo chissà quali insegnamenti di vita, per le due fiumare che abbracciano un paesaggio che gli dei ci avevano assegnato senza rovine, e nemmeno per l’Aspromonte a cui ci legano i segni visibili ed invisibili dei nostri antenati. Siamo assuefatti a tutto, persino a non considerare il turismo.


Ecco, adesso con questo articolo ho tradito la fiducia del mio amico medico che, quando arriverà in estate, per qualche tempo, di sicuro non mi porterà più con lui. Poi scoprirà che ancora per molti anni potrà continuare ad andare alle Favate senza incontrare troppa gente, ed allora si farà una bella risata e intenderà che, per cambiare le cose del mondo, scrivere e raccontare, certe volte, non basta.


DOMENICO STRANIERI








Dal mensile IN ASPROMONTE di Settembre 2015



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